L’intenzione
del presidente del Consiglio di inaugurare il suo mandato visitando le
scuole, e di partire da Treviso, è una buona intenzione alla quale ci
auguriamo seguano i fatti.
Nella
nostra provincia vi sono situazioni pesanti di difficoltà strutturali
negli istituti secondari superiori. La contrazione delle risorse
destinate alla Provincia, attraverso l’azzeramento dei trasferimenti
statali e la strettoia del patto di stabilità sulla possibilità di spesa
delle risorse disponibili, rende difficile, se non impossibile,
intervenire adeguatamente su alcuni punti critici, quali gli istituti di
Castelfranco, a partire dal liceo Giorgione e dall’alberghiero
Maffioli, il liceo Berto a Mogliano, l’istituto Duca degli Abruzzi a
Treviso, il Pittoni a Conegliano, l’alberghiero di Vittorio Veneto e
molte altre realtà che soffrono di mancanza di spazi, di carenze
strutturali e di degrado degli edifici. Almeno 20 milioni di Euro
servirebbero subito per le situazioni più urgenti.
Gli
istituti per la scuola dell’obbligo, di competenza dei comuni,
subiscono le conseguenze del patto di stabilità e del taglio drastico
dei trasferimenti agli enti locali. E i bandi attraverso i quali la
Regione redistribuisce gli esigui stanziamenti statali, vengono spalmati
in miriade di piccoli interventi anziché intervenire sui grossi
interventi strutturali che possono realizzare un autentico salto di
qualità nell’edilizia scolastica per i primi due cicli scolastici.
Esiste
un problema generale di messa in sicurezza degli edifici scolastici, e
un problema specifico di messa in sicurezza sismica che riguarda buona
parte del territorio provinciale. Un piano per l’edilizia scolastica
deve porsi oggi anche ambiziosi traguardi riguardo all’efficienza
energetica degli edifici, fino alla loro autosufficienza, e contribuire
così all’abbassamento della bolletta energetica nazionale e alla qualità
dell’ambiente e dell’aria.
Perché
un gesto simbolico non diventi l’ennesima promessa non mantenuta,
bisogna che al gesto seguano scelte concrete con la messa a disposizione
di adeguate risorse e con l’allentamento del patto di stabilità per gli
enti locali. E che le risorse vengano distribuite secondo precise
priorità di intervento, non lasciando che la mediazione regionale possa
frazionare in troppi rivoli i pochi soldi disponibili ma finalizzando
gli interventi secondo rigidi criteri di priorità.
L’investimento
per la scuola non può riguardare solo i muri, ma deve comprendere chi
lavora e studia dentro quelle mura. L’istituzione scuola deve diventare
il motore e il perno di una nuova idea di società, che riveda le
priorità che il paese si è dato in questi anni. Veniamo da anni nei
quali ha dominato la logica dei tagli; il famoso taglio da 8 miliardi
alla scuola operato allegramente dalla famigerata Gelmini è ancora tra
noi vivo e vegeto. Ai docenti si è pure ventilata a inizio anno
l’ipotesi di riduzione di una parte degli stipendi arretrati, rientrata
attraverso un ulteriore taglio ai fondi di istituto. Il Presidente Renzi
ha sostenuto in parlamento che non servono nuove risorse per i docenti
ma un cambio di mentalità. Risulta però difficile non partire dal fatto
che abbiamo il corpo docente più anziano d’età e più malpagato d’Europa.
Bisogna consentire il pensionamento per far posto a docenti più giovani
e porsi in generale il problema di un sottofinanziamento di tutti gli
istituti della conoscenza, a partire dalla scuola pubblica, che non può
continuare senza compromettere irrimediabilmente quella possibilità di
contribuire decisamente all’uscita dalla crisi che a parole tutti
facilmente riconoscono al mondo dei saperi.
Chiediamo
inoltre al Presidente del Consiglio che assieme all’emergenza edilizia
scolastica assuma l’emergenza relativa all’assetto idrogeologico del
nostro paese. La nostra provincia ha subito in queste settimane
allagamenti, frane, smottamenti: milioni di euro di danni. Ancora una
volta mettendo a nudo tutta la fragilità di un territorio poco
rispettato e deturpato nel corso degli anni da una politica
scriteriatamente cementificatoria e poco rispettosa degli equilibri
naturali. Prevenire costa meno che curare. Si predisponga un grande
piano verde per la messa in sicurezza del territorio, con il quale dare
lavoro e fare del bene all’ambiente, alla qualità della vita dei
cittadini e alle casse pubbliche non più costrette ad aprirsi
velocemente e ampiamente ad ogni ulteriore emergenza.
Sia
per l’edilizia scolastica che per gli interventi a favore del
territorio, chiediamo che si reperiscano risorse anche attraverso il
taglio delle spese per armamenti, a cominciare dai famigerati F-35 ai
vari sofisticati sistemi d’arma dai costi esorbitanti.
E
infine, ma non per certo per ultimo, la drammatica crisi sociale ed
economica nella quale non il caso malvagio ma precise scelte dei
decisori europei e nazionali hanno avviluppato il nostro paese, trova un
punto acuto di sofferenza in una delle aziende simbolo della nostra
provincia come la Electrolux di Susegana. Siamo di fronte ad una
vertenza paradigmatica, nella quale si era arrivati a mettere in
contrapposizione il diritto al posto di lavoro e il diritto a ricevere
un giusto (e basso) salario per quel lavoro; si era minacciato di
delocalizzare in un altro paese europeo la produzione senza una
disponibilità dei lavoratori a vedersi ridurre drasticamente il loro
salario. La questione non è chiusa, e a essere chiamata in gioco deve
essere la politica europea e la politica nazionale. La prima è
praticamente inesistente, ed è auspicabile che dalle prossime elezioni
europee emerga qualche segno tangibile della necessità di una dimensione
politica e democratica della costruzione europea affinché non si
tramuti definitivamente in incubo il sogno europeo. La politica
nazionale non pare fino ad oggi aver dato le risposte necessarie per
chiudere positivamente per i lavoratori la vertenza. Vista la
sostituzione del ministro Zanonato con un ministro di chiare simpatie
berlusconiane e liberiste ed esperta in pratiche di delocalizzazione,
che non pare dare le migliori garanzie rispetto alla vertenza
Electrolux, e visto che non ci pare che in Parlamento abbia nemmeno
sfiorato la questione, è davvero il caso che il Presidente Renzi si
faccia istruire in materia dagli operai per prendere coscienza della
posta in gioco.
Serve
al nostro paese una politica industriale, e interventi per frenare, e
non incentivare, la corsa al ribasso sui diritti e sui salari dei
lavoratori.
L’allentamento dei vincoli del patto di stabilità per gli enti locali potrebbe anche liberare delle risorse (peraltro già presenti nelle casse di molti Comuni) utili, se non necessarie, per un intervento a sostegno delle persone più deboli. Un numero sempre maggiore di disoccupati o cassintegrati non sanno più come affrontare le spese quotidiane o saldare le fatture per le utenze domestiche, e i servizi sociali dei Comuni non hanno fondi per garantire un sussidio. Una maggiore disponibilità di risorse potrebbe anche permettere ai nostri Comuni di progettare piani di intervento per affrontare l’emergenza abitativa, visto che anche nella nostra provincia di Treviso sono ormai centinaia le famiglie sotto sfratto per morosità incolpevole.
In
questa situazione di crisi che indebolisce anche la coesione sociale, è
anche importante che lo Stato favorisca e sostenga tutti quegli
istituti giuridici che garantiscano alle famiglie maggiore unità, e alle
persone maggiore senso di appartenenza rispetto alla comunità di cui
fanno parte. È in questa prospettiva che riteniamo che la tutela di
tutte le coppie fondate su vincolo affettivo, attraverso una unione
civile pubblicamente riconosciuta, così come l’accesso alla cittadinanza
italiana per i ragazzi nati in Italia in virtù dello “ius soli”, non
siano capricci non urgenti né prioritari, ma vere occasioni per creare
un corpo sociale più coeso e per consolidare il senso di solidarietà e
di corresponsabilità tra le persone.
Luca De Marco, coordinatore Federazione provinciale SEL
Marco Pedretti, coordinatore Circolo SEL Treviso
Forum provinciale SEL Saperi
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