mercoledì 24 luglio 2013

Approvate in consiglio le nostre proposte su Berco e aperture domenicali


A seguito di sollecitazioni arrivate dal territorio, avevamo presentato circa un mese e mezzo fa due ordini del giorno per porre all'attenzione del Consiglio Provinciale due importanti questioni.
La prima è la situazione della Berco S.p.A., l'azienda metalmeccanica presente a Castelfranco Veneto oggetto di duri provvedimenti a carico dei lavoratori. Si tratta di circa 60 dipendenti su 300, dichiarati in esubero e costretti alla mobilità.
Altrettanto dura è stata la reazione delle RSU aziendali e dei sindacati rispetto ad una condotta unilaterale e per nulla collaborativa da parte della multinazionale Thyssen Krupp, che è proprietaria del Gruppo Berco, e la vertenza è all’attenzione del Governo e del Parlamento.
Il nostro Ordine del Giorno, che è stato votato all'unanimità, è un atto dovuto di solidarietà e sostegno nei confronti della situazione difficile dei lavoratori, ed impegna la Provincia ad agire per tutto ciò che le compete per lo sblocco positivo della situazione, e anche nel far sentire la propria vicinanza ai lavoratori di un’azienda come la Berco, che è una realtà significativa del sistema produttivo trevigiano.
Il secondo Ordine del Giorno " Libera la Domenica ", nasce da una proposta di legge di iniziativa popolare, sostenuta e promossa  dalla Confesercenti, dalla Conferenza Episcopale e dalle sigle sindacali della categoria del commercio. La raccolta di firme ha visto anche la partecipazione di Sinistra Ecologia Libertà in molte piazze della Marca. Questo impegno si è concretizzato con la presentazione, nel mese di maggio, della proposta di legge al parlamento italiano. La proposta vuole sancire un giusto principio: regolarizzare l'apertura degli esercizi commerciali non più verso una liberalizzazione totale (come auspicata e decisa durante il Governo Monti) che produce l'apertura indiscriminata dei punti commerciali sia la domenica che nei giorni festivi. Un enorme sacrificio per i lavoratori del commercio costretti a non avere più vita sociale e e a vedere compromessa la normale della vita famigliare, a fronte di un vantaggio per la collettività piuttosto limitato. Il nostro ordine del giorno impegna la Provincia di Treviso ad aderire alla campagna nazionale e chiede a tutti i parlamentari veneti di sostenere con forza il progetto di legge presentato, che vuole riportare alla singole Regioni la facoltà di decidere come regolare le aperture domenicali. Un principio legislativo per noi giusto, in quanto ogni singola realtà può anche decidere per la non apertura nei giorni festivi e nelle domeniche, non solo perché non rappresenta nemmeno una agevolazione da un punto di vista sia occupazionale che di guadagno vero e proprio per chi rimane sempre aperto, ma sopratutto porrebbe il territorio nel massimo rispetto dei suoi cittadini lavoratori, evitando di lavorare ogni giorno della settimana.
Il nostro ordine del giorno è stato approvato a larga maggioranza, con qualche voto contrario da parte del centro destra.

martedì 23 luglio 2013

Mobilità di Marca : le nostre perplessità sulle nuove tariffe

In merito al nuovo sistema tariffario del trasporto pubblico extraurbano, presentato e votato ieri in Consiglio Provinciale, fin dall'inizio della sua presentazione in Commissione abbiamo espresso  molte perplessità sulle sue cifre " reali" , sottolineando che il peso maggiore di tutta questa operazione è a carico delle fasce più deboli ( studenti e le loro famiglie).
E' una abitudine ormai persistente nel nostro paese, più debole sei e meno sei sostenuto nella tua vita quotidiana, anche e sopratutto in fatto di servizi per le persone.
Ricordiamo che il progetto di unificazione in un unico sistema di TPL, nasce da anni e ora si  è concretizzato nella creazione della società MOM ( Mobilità di Marca), a seguito della fusione delle quattro società ACTT, ATM,CTM, e LA MARCA..
Il nuovo sistema tariffario, intende offrire ai cittadini della Provincia una migliorata accessibilità al trasporto pubblico locale, permettendo agli utenti dei servizi EXTRAURBANO di fruire con il loro titolo dei servizi URBANI e viceversa.
La soluzione proposta in sintesi prevede un'offerta uniforme di titoli di viaggio, un supplemento tariffario per la fruizione integrata dei servizi di bacino e l'estensione della validità temporale dei titoli ai giorni festivi, nonché ai mesi estivi ed infine una logica tariffaria unitaria.
La delibera posta in votazione ieri ha l'obiettivo con il nuovo sistema di tariffe di promuovere " un uso più diffuso ed intenso" prevedendo " tariffe nuove e integrate quanto più possibile prossime" a quelle in essere e cioè ad impatto zero. 
Ricordiamo che essendo una azienda pubblica esiste l'obbligo di bilancio che sempre nella delibera, deve essere soddisfatto da " una accresciuta domanda soddisfatta ".
Analizzando le tariffe è visibile che in alcuni casi è prevista una minima diminuzione mentre in altri casi è previsto un considerevole aumento. 
Ricordiamo che la Regione Veneto ha imposto un aumento del costo del biglietto del servizio urbano di 10 centesimi, passando da 1,20  a 1,30 euro. 
Diminuendo anche  i trasferimenti verso il TPL. E' naturale quindi che le tariffe devono sostenere tutto questo,  con  un aumento generalizzato. 
A tal proposito certamente balza all'occhio che persistono delle notevoli differenze tariffarie negli abbonamenti annuali tra residenti in medesimo comune , ma che essendo domiciliati in frazioni diverse si arrivano ad avere una disparità di abbonamento annuale che in alcuni casi può arrivare anche a 200 o 300 euro di differenza. Il motivo è semplice ma molto ingiusto. In uno stesso comune può essere presente sia il Servizio Urbano verso Treviso e ritorno e Il Servizio Extraurbano verso Treviso e ritorno.
Un esempio è il Comune di Casale sul Sile, dove la frazione di   Conscio è coperta dal Servizio Urbano mentre chi è domiciliato a Casale, fruisce della tariffa extraurbana. Quindi uno studente che risiede nella frazione paga 200 euro l'anno mentre quello che risiede a Casale 430 euro .
Questo non è l'unico esempio ma altri casi simili sono  presenti  in  molti dei comuni della  cintura di Treviso e non solo.
Inoltre sempre nelle tariffe ieri presentate  , non sono  previste  alcun tipo di agevolazioni per gli anziani, i pensionati , i disoccupati e le famiglie numerose.
Quindi non abbiamo certamente taciuto anche su questo, sottolineando anche questa carenza sia ai vertici aziendali della società ( ieri erano presenti sia il Presidente Sartor, che il Direttore Colladon) che all'Assessore  ai trasporti  Noal. 
Alla fine quindi abbiamo deciso di presentare una mozione ( votata all'unanimità dal Consiglio Provinciale) dove viene chiesto ufficialmente un impegno da parte della nuova società MOM ( Mobilità di Marca) S.p.A., ad intervenire nel corso del primo trimestre dell'anno 2014 a rivedere le tariffe, per sanare sopratutto le marcate differenze tariffarie sopra descritte.
Ricordiamo a tal proposito che la Provincia di Treviso , possedendo anche il pacchetto di maggioranza dell'intera MOM , è stata delegata dalle Amministrazioni Comunali di Treviso, Vittorio Veneto, Conegliano, Montebelluna ed Asolo a definire il nuovo piano tariffario.
In tal senso non abbiamo potuto avallare questo progetto e ci siamo astenuti durante il voto, come tutti i gruppi di opposizione, che unitamente al nostro, hanno espresso le loro perplessità sul nuovo piano tariffario.
Pensiamo che non è possibile che alla fine il maggior peso di un dovuto pareggio di bilancio debba essere sopportato dagli studenti che sono poi la stragrande maggioranza dei fruitori del TPL.
Da parte nostra continueremo a monitorare l'andamento di questa azienda chiedendo tra qualche mese una apposita commissione, per relazionarci su come sarà l'impatto economico e di gradimento del servizio  sui cittadini trevigiani.


sabato 20 luglio 2013

PaTreVe e città metropolitane, un progetto centralistico e autoritario


dal governastro di larghe intese si prepara una offensiva centralistica e autoritaria sul governo locale

Si fa un gran parlare, nel dibattito pubblico locale, del progetto della città metropolitana PaTreVe, visto come il baluardo della modernità contro i conservatorismi. Se ne fa un gran parlare che forse è un troppo parlare. Troppo per non pensare che, forse, tante dichiarazioni entusiastiche a favore del nuovo ente nascondano la difficoltà di articolare proposte e idee per fronteggiare la crisi, e quindi ce la si prenda con il sistema istituzionale per sviare l’attenzione critica dagli attori politici che quelle istituzioni hanno governato. Con lo stesso meccanismo diversivo, a livello nazionale si invoca la necessità di una riforma delle istituzioni e della Costituzione, come se risiedesse lì l’origine delle difficoltà del paese e non invece nell’utilizzo che della Costituzione e delle istituzioni hanno fatto le classi politiche che hanno governato negli ultimi anni.
Il Governo Monti aveva imposto per decreto, all'interno del “SalvaItalia” e della “Spending Review”, una riforma delle Province e delle città metropolitane che fissava anche delle scadenze temporali precise. La riforma prevedeva la diminuzione del numero di province per accorpamento, la eliminazione degli assessori e delle elezioni provinciali (le province sarebbero diventate enti di secondo livello ma non sarebbero state abolite), la sostituzione delle province relative ai 10 maggiori comuni italiani (all’incirca) con le rispettive città metropolitane a partire dal 1 gennaio 2014. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale, lo scorso 3 luglio, tutta la normativa introdotta in materia da Monti e dalla sua maggioranza, perché è un utilizzo illegittimo dello strumento del decreto d’urgenza quello di inserirvi delle riforme istituzionali.
Di fronte all’annullamento della riforma Monti, il Governo Letta non ha inteso riproporre la riforma del governo Monti utilizzando strumenti giuridicamente corretti, ma ha cambiato impostazione e ha presentato un disegno di legge costituzionale per eliminare la parola “Provincia” dall’intera Costituzione, e per eliminare anche la città metropolitana dall’art. 114. In questo modo si vuol stabilire un nuovo ordinamento degli enti territoriali della Repubblica, che sarebbero solo Comuni e Regioni. Il Governo entro luglio presenterà inoltre un disegno di legge, predisposto dal ministro per gli Affari Regionali Del Rio, nel quale fisserà tappe e modalità per la costituzione delle città metropolitane, con l'obiettivo di farle partire a metà 2014. Secondo quanto dichiarato alla stampa dal ministro, le città metropolitane non dovranno prevedere alcuna elezione da parte dei cittadini e il sindaco della città sarà anche il sindaco della città metropolitana. E’ la stessa posizione che ha sempre auspicato il sindaco Orsoni, che si è spinto a dire “la città metropolitana non vuole rappresentare la popolazione, non sarà una Provincia bis, per cui non avrà bisogno di alcuna elezione diretta, bensì si candida ad esercitare delle funzioni oggi in capo ai singoli Comuni”. (Corriere del Veneto, 9 luglio 2013). Diversa la posizione del Sindaco di Milano Pisapia, che ha dichiarato di non avere alcuna pretesa di fare il sindaco della città metropolitana e ritiene necessario che la scelta spetti ai cittadini tramite elezioni. La questione non è di poco conto, perché tocca il punto centrale della democrazia e della partecipazione della cittadinanza alle scelte strategiche della comunità in cui vive e opera. La costituzione di un “governo” della città metropolitana che decide sull’uso del territorio, sui servizi pubblici, sulle infrastrutture, sui trasporti e sullo sviluppo economico di tre province, non possa non avere una legittimazione democratica diretta, attraverso elezioni, e non attraverso la nomina da parte dei sindaci, eletti per altre funzioni e su altri programmi elettorali, e con sistemi elettorali e dunque livelli di rappresentatività non omogenei. Se guardiamo alle esperienze che già esistono, e sono tante, di enti e consorzi di secondo livello, vediamo come, al di là dei risultati positivi o negativi conseguiti nel perseguimento delle loro finalità, questi enti operano all’oscuro dell’opinione pubblica, senza un dibattito democratico aperto, senza una discussione pubblica sulle scelte operate, senza trasparenza nell’affidamento degli incarichi e dei compensi. Le scelte di questi enti, a partire dalla formazione delle maggioranze e delle minoranze, avvengono nelle sedi dei maggiori partiti che organizzano i sindaci in cordate politicamente omogenee. Prendiamo ad esempio il gruppo Ascopiave, una holding partecipata da 93 comuni, il cui consiglio di amministrazione è frutto di un accordo tutto politico tra Lega, che ha la maggioranza dei sindaci, e PD (il PDL è stato escluso da un patto fra le segreterie provinciali). Qualcuno può spiegare come un singolo cittadino possa essere informato, tantomeno partecipare o influire, sulla gestione di questa società, senza diventare sindaco ? Ascopiave ha competenza sulla distribuzione del gas, è una società di diritto privato quotata in borsa e opera sul mercato (grosso modo). Ma fatte le opportune distinzioni, se questo tipo di governance lo estendiamo ad un ente che avrebbe competenza su: dove fare le strade e i ponti, dove fare le scuole superiori, quali aziende incentivare e quali no, dove costruire e dove no, dove localizzare le zone produttive e dove porre vincoli di tutela ambientale, quali linee e quali mezzi di trasporto pubblico attivare, come e dove organizzare la raccolta dei rifiuti, la distribuzione di acqua, e via dicendo, dove va a finire il carattere democratico dell’organizzazione degli enti locali ?
L’altro tema da chiarire è quello della delimitazione territoriale della città metropolitana; è piuttosto evidente che l’esigenza di forme di governo innovative per le realtà metropolitane nasce dall’esigenza di dare una regia unitaria alle conurbazioni che si sono andate realizzando attorno a grandi città. E’ facilmente verificabile come attorno a grandi realtà comunali si sia realizzato un continuum urbanistico che rende impossibile, in assenza di apposita cartellonistica, realizzare dove finisca un confine comunale e ne inizi un altro. La cintura urbana si alimenta di uno scambio continuo di spostamenti e di relazioni economiche, commerciali, culturali e lavorative, che la frammentazione amministrativa non riesce a governare efficacemente. I criteri per circoscrivere puntualmente l’area caratterizzata dal carattere metropolitano possono essere i più diversi, e difatti non esiste ad oggi un criterio universalmente riconosciuto. Quello che è certo è che difficilmente si può comprendere come un criterio per la definizione del perimetro della città metropolitana possa essere quello dei confini amministrativi della Provincia di riferimento del comune centrale. Eppure questo prevedeva la riforma Monti e questo pare che molti vorrebbero fosse previsto dal provvedimento governativo. Nel caso della Patreve, la città metropolitana dovrebbe quindi coincidere con i confini delle tre province di Venezia Padova Treviso. Se si assume che la città metropolitana coincida con i confini della provincia, quello che si vuol realizzare è dunque un nuovo ente di governo di area vasta, una replica delle province deprivate del loro carattere elettivo e rappresentativo. Sarebbe intellettualmente onesto, allora, non chiamarle “città”.
Le precedenti previsioni normative sulle città metropolitane, dalle legge 142/1990 al dlgs 267/2000 alla legge 42/2009, prevedevano dei meccanismi di perimetrazione delle città amministrative che partivano dalle volontà espresse di comuni provincia e regione. Un meccanismo che, anche se non è riuscito ad avviarsi in nessuna realtà, certamente va ribadito come il più razionale, oltreché democratico. La scelta è tra un sistema impositivo, autoritario, centralistico, top-down, che impone a tutte le realtà le stesse scadenze e le stesse modalità, e un sistema invece che parta dal basso, bottom-up, democratico e partecipativo.


In definitiva, il governo Letta continua l'atteggiamento superficiale, frettoloso e propagandistico proprio del suo predecessore nell'affrontare temi, come il riordino delle istituzioni della Repubblica Italiana, che avrebbero bisogno di ben altro spessore di approfondimento e discussione. E' auspicabile che il governastro di larghe intese cessi al più presto di produrre paralisi sulle cose urgenti e sbrigatività sulle riforme da meditare, e consenta un ritorno alla normale democrazia parlamentare. Ma, visto che così purtroppo non pare sarà a breve, bisogna attrezzarsi a respingere l'offensiva di stampo autoritario che il governastro Letta vuole muovere sul fronte del governo locale.

Luca de Marco 

giovedì 11 luglio 2013

Contro la cementificazione del territorio veneto, oggi SEL volantinerà al Sant’Artemio

Oggi alle 18.00 SEL volantinerà di fronte al Sant’Artemio contro il PTRC della Giunta Zaia
La Giunta Regionale sta presentando, provincia per provincia, la nuova versione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC), che delinea le linee di sviluppo e di governo del territorio regionale per i prossimi anni.
Nella sua prima versione, il piano non è stato approvato perché non in regola con quanto la normativa prevede a proposito della tutela paesaggistica. Quindi al piano è stata data valenza paesaggistica ed ora ha ripreso l’iter di approvazione sotto forma di “variante parziale”.
Sinistra Ecologia Libertà muove rilievi fortemente critici al piano regionale, e per questo, in occasione di queste presentazioni, volantinerà all’ingresso degli incontri ai convenuti un breve documento nel quale si indicano i rilievi critici che vengono mossi alla proposta della Regione.
Assieme ad una serie di associazioni e comitati preoccupati della nuova possibilità di cementificazione, Sel si impegna a presentare osservazioni alla variante e a creare la mobilitazione necessaria a modificare l’impianto del PTRC.
A fronte delle dichiarazioni di buoni propositi sul contenimento del consumo del suolo veneto, la proposta del piano libera invece la possibilità di una nuova diffusa cementificazione. Basti pensare alla possibilità edificatoria che la Regione riserva a sua discrezione nel raggio di ben 2 km attorno ai caselli autostradali. Per questo è necessario un cambio di rotta, e che alle dichiarazioni di principio contro il consumo di territorio seguano decisioni conseguenti.
Luca De Marco
Coord. Prov. SEL Treviso
Questo il testo del volantino che verrà diffuso oggi alle 18.00, in occasione della presentazione del PTRC nella sede della Provincia al Sant’Artemio:
SALVARE IL VENETO. ORA !!
Una colata di cemento e asfalto si sta abbattendo sulla nostra Regione, uno dei territori più belli d’Europa.
Non a caso è la prima Regione turistica d’Italia.
Già in questi anni milioni di metricubi di cemento hanno consumato  prezioso territorio agricolo, le città e i paesi si sono sparpagliati cancellando luoghi identitari, beni ambientali e culturali, banalizzando e omologando il paesaggio, degradando la qualità del vivere quotidiano di ciascuno di noi.
Nel contempo la bolla immobiliare ha sottratto capitali alle attività produttive, espulso i cittadini nei pulviscoli edilizi intorno alle città e chi ha comprato casa si ritrova con un patrimonio svalutato dall’eccesso di offerta, l’aumento della rata del mutuo e dell’IMU.
Da anni la Regione dice di voler rimediare! Alle parole non corrispondono però i fatti!
Infatti, la Giunta Zaia adotta una “Variante parziale” al PTRC 2009 (mai approvato dal Consiglio Regionale perché sommerso dalle critiche) che:
1.      Sviluppa a dismisura la rete autostradale a pedaggio da realizzarsi attraverso la finanza di progetto.   Un sistema che garantisce profitti privati alle solite imprese (alcune delle quali oggetto d’inchiesta da parte della magistratura)  scaricando i costi sugli utenti , il bilancio pubblico e le generazioni future. Nel contempo taglia le risorse al trasporto pubblico.
2.     Esautora i Comuni della potestà pianificatoria sul proprio territorio per un raggio di due chilometri intorno ai caselli e non solo.
3.     Sfigura il paesaggio non attuando quanto prevede il Codice Nazionale.
4.     Alimenta la speculazione immobiliare con i cosiddetti “progetti strategici”
5.     Nello stesso tempo propaganda una inesistente “valenza paesaggistica” della “Variante parziale” al PTRC del 2009 già ribattezzato “Piano di cementificazione del Veneto” da oltre 120 comitati e associazioni. In realtà la “Variante” ha la funzione di togliere i pochi vincoli ancora esistenti.
Sinistra Ecologia e Libertà condivide la valutazione di AltroVe (Rete di comitati e di associazioni per un Altro Veneto): questa “Variante” è illegittima e pericolosa e va dunque FERMATA.
Nel contempo condivide la necessita di battersi per un vero Piano Paesaggistico che tuteli un territorio fragile, soggetto a frequenti alluvioni, alle quali contribuisce in modo decisivo la crescente impermeabilizzazione dei suoli.
Per una riconversione ecologica dell’economia che assicuri lavoro e qualità della vita.
Zaia confida nella distrazione estiva per far passare il suo piano: non a caso il termine per la presentazione delle osservazioni è fissato per il 31 Agosto.
Noi invece confidiamo nella crescente mobilitazione dei cittadini per FERMARLI

Sinistra Ecologia Libertà, Federazione Regionale del Veneto

lunedì 8 luglio 2013

Con i Lavoratori della Berco S.p.A.

Venerdì scorso una delegazione di Sinistra Ecologia Libertà composta dal’ On. Giulio Marcon, dal nostro Gruppo Consiliare Provinciale e dalle compagne e compagni del Circolo di Castelfranco Veneto, ha incontrato le RSU della Berco S.p.A.
I lavoratori ci hanno espresso la loro grande preoccupazione per il loro futuro lavorativo.
Da qualche mese infatti, a fronte di un piano industriale ancora non chiaro e fatto solo di enunciati, esiste la concreta  possibilità che quasi 60 lavoratori della azienda della castellana (che fa parte del colosso tedesco ThyssenKrupp Ag), siano messi in mobilità per poi perdere definitivamente il loro posto di lavoro. Questo provvedimento riguarderebbe più di 610 lavoratori su tutta la struttura aziendale. 
La Berco S.p.A e' un’azienda fondata nel 1918 a Copparo nel Ferrarese come piccola impresa di riparazioni di macchine agricole.
La Società è stata acquistata dalla ThyssenKrupp Ag  nel 1999 ed è, a  tutt’oggi, una delle più grandi aziende italiane nella produzione di componenti e sistemi sotto carro per macchine movimento terra cingolate e attrezzature per la revisione e la manutenzione del sotto carro  del nostro paese. 
La crisi economica iniziata nel 2008 che ha colpito pesantemente tutto il settore non ha lasciato certamente indenne la Berco S.p.A. che negli anni ha presentato una serie di piani di ristrutturazione approvati sia dal Ministero dello Sviluppo Economico che dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.  Nonostante la produzione in ripresa a inizio del 2012, la capogruppo ThyssenKrupp nel quadro di un vasto piano di ristrutturazione, ha inserito nel maggio 2011 la Berco tra i possibili rami produttivi vendibili, seppure l'azienda sia una sorta di gioiello per la proprietaria tedesca.
Quindi sono più di due anni che i lavoratori dell’ azienda vivono in continuo allarme, senza di fatto conoscere realmente cosa ne sarà del loro futuro .
Negli ultimi mesi tutto il vecchio management è stato cambiato a  favore di uno nuovo che certamente, come raccontano i lavoratori, è poco incline ad un sano confronto con i sindacati, non rispondendo mai a precise domande sul futuro e facendo paventare la presenza in bilancio di fortissime perdite nella produzione e di un costo del lavoro che con gli anni è esponenzialmente aumentato, facendo sì che si arrivi alla messa in mobilità di molti lavoratori e la totale incertezza per il loro futuro, cancellando e non rinnovando anche la contrattazione di secondo livello che era stata anche una grande vittoria dei sindacati, dopo tantissimi anni di serrato confronto. 
Vogliamo ricordare che l'intera Berco S.p.A. occupa nel settore più di 3000 lavoratori di cui quasi 2300 nello stabilimento di Copparo e circa 500 a Castelfranco Veneto mentre gli altri sono in Piemonte ed in altre filiali sparse in Europa, Brasile, Usa e India . L'azienda è una impresa sostanzialmente sana: infatti il fatturato dello scorso anno ammontava a circa 500 milioni di euro dei quali attualmente solo il 10 per cento viene  rivolto verso il nostro paese mentre il restante 90 per cento è rivolto ai mercati esteri ( più del 30 per cento al mercato USA). 
Il futuro di questa società è ormai nelle mani  anche del governo italiano e da parte nostra è nata la necessità di porre una serie di azioni rivolte soprattutto verso la proprietà.
Ci appare assai strano che ci si voglia sbarazzare di una Azienda che prima appariva sana e forte e ora, solo pochi mesi dopo si deve tagliare come ceppo non più produttivo.
Al nuovo Management chiediamo maggiore rispetto per le realtà dei lavoratori, ponendosi nella giusta ottica di un corretto uso delle relazioni sindacali, che per noi devono essere fatte nella totale trasparenza e nella ricerca di un percorso condiviso sulle scelte future da adottare nei confronti dei lavoratori stessi.
A fine Luglio in Consiglio Provinciale sarà posto in votazione  anche un nostro Ordine del Giorno sul tema della Berco S.p.A. che chiederà alla Provincia di Treviso di mettere in campo tutte le azioni necessarie volte alla difesa di questa importante realtà produttiva del trevigiano.
Da parte del' On Marcon sono state preannunciate altre azioni   a livello parlamentare rivolte sia verso il Governo che verso la Capogruppo tedesca. 
A tutti i lavoratori la nostra totale solidarietà e la promessa di un pieno  impegno sulla questione.