Quelli che arrivano sulle nostre terre,
nascosti dentro a un camion o smistati dal Governo dopo una scommessa vinta
contro la morte in mare e l’approdo nel nostro paese, non sono gli avamposti di
un’invasione, come vuol farli apparire l'isterismo giornalistico e il
propagandismo padanista, ma i riflessi di un enorme dramma planetario. La
guerra, la violenza, l’ingiustizia, la miseria, sono parte di questo mondo, del
quale facciamo integralmente parte e del quale non possiamo ignorare
l’esistenza. Se non altro, perché dalle nostre terre siamo partiti verso tutti
i lati del mondo a cercar fortuna e futuro, e qualcosa dovrebbe esser rimasto,
in fondo in fondo, nella nostra memoria collettiva.
Ma fossimo anche smemorati, come in effetti
ci piace essere, lo stesso non ci sarebbe alcun motivo per lanciare allarmi o
addirittura seminare il panico come a qualcuno piacerebbe.
La gestione dei profughi in Italia non
brilla per efficienza ed equità. Si risponde con la consueta logica emergenziale
a quello, il fenomeno migratorio nel Mediterraneo e nel mondo, che purtroppo
non possiamo considerare come un evento momentaneo destinato ad estinguersi
rapidamente, ma va invece assunto come un dato di realtà con il quale
confrontarsi per gli anni a venire. La logica dell’emergenza fa saltare
qualsiasi regola e qualsiasi pianificazione e produce un effetto a catena, da
emergenza si produce altra emergenza. L’“emergenza” dell’arrivo dei profughi
genera l’“emergenza” della loro accoglienza che genera altre “emergenze”.
Il modo in cui il Governo agisce è dunque
figlio dell’improvvisazione. Si prendono i profughi e li si distribuisce in
giro per l’Italia, senza pianificazione e senza un disegno complessivo ma solo,
per l’appunto, per tamponare l’“emergenza”. E il clima emergenziale ben si
presta al diffondersi incontrollato di paure dal sottofondo ancestrale,
l’arrivo del nuovo morbo, l’ebola, o il ripresentarsi di antiche afflizioni
come la tubercolosi. Sono tutte sciocchezze, fantasmi irrazionali, ma sui
meccanismi psicologici più elementari e immediati gioca spietatamente la
propria partita una parte del mondo politico, e la propria partita commerciale
buona parte del mondo dell’informazione.
Di emergenza in emergenza, di paura in
paura, si smarrisce il senso e la razionalità di ciò che ci sta di fronte. Il
numero di profughi in arrivo nella nostra provincia non deve far paura a
nessuno, sono un infinitesimo rispetto ai quasi 900.000 esseri umani che
popolano stabilmente la nostra provincia. Non portano guerra ma fuggono dalle
guerre, non portano violenza ma fuggono dalla violenza, non portano malattie
perché hanno già subito una selezione feroce nel viaggio che li ha portato in
Italia e perché i controlli sanitari sono già stati fatti all'arrivo. Non rubano
soldi e non rubano lavoro agli indigeni; anzi, se chiedono asilo politico,
diventano vittime come gli italiani delle lungaggini eterne della nostra
burocrazia.
Anziché temerli, è forse il caso di
andarli a conoscere. Non solo nel loro, ma soprattutto nel nostro interesse.
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